IL DB HOTEL nasce così.
Oggi vi vogliamo raccontare una bella avventura, quella che sta alle radici del DB Hotel, confinante con l’aeroporto Valerio Catullo di Verona, dal 1954 base del III° Stormo dell’Aeronautica Militare.
lo facciamo con una “ospite” autorevole, la Sig.ra Luigina, mamma dei fratelli Gianni e Marcello Dalla Bernardina, proprietari del DB Hotel. Il lavoro che oggi svolgono i due fratelli non si potrebbe fare senza le esperienze vissute e gli insegnamenti raccolti da bravi maestri di vita e loro, ben riconoscono il valore di aver avuto una maestra per mamma. Luigina infatti ebbe la fortuna di fare la maestra in un tempo in cui si richiedevano, per svolgerlo al meglio, competenze e attitudini particolari, indispensabili alla formazione dello sviluppo completo della personalità di ogni individuo.
Mamma Luigina incomincia a raccontare di sè partendo dal rapporto speciale che aveva con il padre, nonno Alfredo, che fu veramente per lei e per i suoi figli un maestro di vita.
“…Nonno era nato a San Pietro in Cariano il 5 maggio1893, 14° di 15 figli ed era cresciuto, fin da giovanissimo, con la passione per i motori che a quei tempi erano di assai scarsa diffusione ma che rappresentavano per gli appassionati un campo di lavoro e di sviluppo praticamente illimitati. Nonno, molto giovane, aveva 20 anni, divenne motorista di aerei e l’Alfa Romeo lo assunse come tecnico collaudatore durante la 1° guerra mondiale. La sua competenza era quella di “ascoltare” il rumore del motore e di comprendere dove e come intervenire. Una qualità quella di “sentire” il motore che veramente pochi riuscivano ad avere, (come quella di Enzo Ferrari, come viene narrato nella sua biografia) e che distingueva gli specialisti che la possedevano dagli altri operai. Questa competenza e questa passione portarono nonno Alfredo a lavorare in quasi tutti gli aeroporti d’Italia, d’Albania, sull’Isola del Sale (scalo tecnico delle rotte transatlantiche) e ad affrontare impegni e avventure che poi raccontava a noi figli, al suo rientro in famiglia.”
“Allo scoppio della 2° guerra mondiale, nonno Alfredo si trovava a lavorare negli aeroporti della Sicilia e della Puglia e all’aeroporto di Lecce quando l’Italia venne divisa in due dalla “Linea gotica”: a nord la Repubblica di Salò con il predominio dei tedeschi e a sud con gli americani che con lo sbarco prima in Sicilia e poi ad Anzio avevano occupato l’Italia meridionale. Di papà, per circa due anni, noi non avemmo più notizie. Ci raccontò poi, al termine della guerra, che a Galatina con i suoi avieri aveva continuato a lavorare sui suoi velivoli e sugli aerei americani, ma in condizioni assai precarie, specialmente nei primi tempi, quando erano considerati ancora nemici da sorvegliare e perciò con pochissima autonomia di movimenti e poca libertà, quasi una prigionia insomma, che per fortuna durò poco, perché questi avieri professionisti, come era prevedibile, si conquistarono la stima e la fiducia per la loro competenza e serietà nel lavoro. E dopo circa due anni, da questo aeroporto parte anche l’avventura più bella che ora vi raccontiamo e che ha dell’inverosimile.”
“Papà, sapendo che un loro aereo avrebbe sorvolato il territorio di Verona per svolgere attività di ricognizione fotografica, con i suoi avieri provenienti dalla nostra città e provincia, compilò delle lettere per le famiglie, ne fece un pacchetto stretto che legò fermamente ad un piccolo paracadute di seta confezionato in modo rudimentale ma molto resistente e lo affidò al pilota del piccolo velivolo il “Pippo” con l’incarico di lasciarlo cadere… e gli spiegò bene dove: “ Quando sei sopra Verona orientati verso il lago di Garda e lascia cadere il paracadute in campagna”. Egli temeva anche perché sul pacchetto aveva scritto in evidenza una segnalazione ben temeraria per la verità: “ Per favore chi trova questo pacco non lo consegni ai tedeschi ma alla famiglia Beltrame e seguiva l’indirizzo di Sommacampagna”. E qui il sogno si realizzò.”
“Il piccolo paracadute fu trovato e raccolto da un contadino di San Massimo che consegnava il latte delle sue mucche ad un lattaio del nostro paese, il Sig. Giovanni Montresor che, conoscendo bene la nostra famiglia e le vicissitudini vissute durante la guerra a causa del lavoro di papà, non ebbe difficoltà a collegare i fatti e a recapitarci in gran segreto quello che rappresentò per noi e per le altre famiglie una gioia immensa.”
“Infatti mio fratello Egidio, con la bicicletta aveva fatto il giro di tutti i paesi in cui risiedevano le famiglie degli avieri, recapitando le loro missive. Egidio rischiò non poco perché a quel tempo tirava già aria di fuga dell’esercito tedesco e ogni mezzo veniva sequestrato. Ma ne era valsa veramente la pena. Poi venne finalmente la pace e papà tornò a casa, praticamente a piedi da Ancona, dove era giunto con il primo aereo che era partito da Lecce per l’Italia Settentrionale.”
Signora Luigina, una cosa importante:” Cosa ci dice della scelta di aprire l’Hotel realizzato dai suoi figli nella zona dell’aeroporto di Verona, Sommacampagna?
“Ho sempre approvato le loro decisioni. Quando hanno avuto l’occasione propizia data dalla vicinanza con l’aeroporto, avendo nel cuore questi ricordi di un nonno così importante non se la sono lasciata sfuggire e hanno realizzato nel migliore dei modi questo bel Hotel, facendo rivivere il ricordo del nonno e delle sue imprese in questo accogliente luogo di incontro e di piacevole e suggestiva permanenza.”